mercoledì 25 giugno 2008

Milena Agus: Mal di pietre


Ho appena finito di leggere tre libri di una scrittrice sarda, Milena Agus. Li ho comprati per curiosità: la scrittrice é sarda (come me), é nata a Genova (come me), insegna in un istituto superiore (come me) e qui finiscono le analogie, ma sono state sufficienti perchè mi venisse voglia di comprarmi tutti i suoi libri . Li ho letti uno di seguito all'altro, quasi senza interruzione e mi sono ritrovata in un mondo nel quale non vivo più da tanto tempo ma che mi è rimasto dentro e del quale, come tutti coloro che sono lontani dalle proprie radici, sento una struggente nostalgia.
Breve trama - Nella splendida Sardegna di Milena Agus, madame (così chiamata perché forse un giorno andrà in Francia) possiede un terreno sul mare che gli speculatori vogliono comprare. Ma madame, che è povera, non vende, e così facendo blocca i possibili affari delle famiglie vicine. Questa storia, raccontata da una vicina quattordicenne, è comica e truculenta, fiabesca e vera come sono le storie di Milena Agus. È anche la storia del nonno della narratrice, figura potente e silenziosa, il maggior alleato di madame. Ed è la storia di amori che vanno un po' storti e dei sacrifici propiziatori per farli stare in piedi. Madame crede nella magia e la distribuisce in modi personali e approssimativi allo scopo di rendere la gente più felice, perché "senza la magia la vita è solo un grande spavento".
Ma ecco una bella recensione di uno dei libri di Agus, il secondo. La recensione é di Marta Mazza. Milena Agus, Mal di pietre, Nottetempo.
Con il suo secondo romanzo, Mal di pietre, Milena Agus conferma il successo di critica e pubblico ottenuto con la sua prova d’esordio, Mentre dorme il pescecane, pubblicato sempre dalla piccola casa editrice romana Nottetempo nel 2005. La forza della scrittura della Agus è data dalla semplicità del suo narrare, dalla limpidezza di descrizioni, personaggi e atmosfere. La potenza delle poche pagine di Mal di pietre è lì, in ogni singola parola, per esplodere poi in quelle dialettali, che a sprazzi compaiono nel testo sottoforma di proverbi, modi di dire, esclamazioni: sciollorio, mischinedda, addolumeu, leggixedda. Parole-cose quelle di Milena Agus, per una scrittura così immediata che non occorre portare le cose alla lingua né viceversa: le cose sono, semplici, nella lingua. Il paesaggio che prende forma è quello unico e fantastico della Sardegna. La scenografia è in particolare quella di Cagliari, di vento maestrale e mare brillante. La terra sotto i piedi della nonna protagonista, raccontata attraverso la ricostruzione della nipote, voce narrante, quando non crolla, è terra antica, di chiacchiere e dolori, di lavoro e amori, di amori sfuggiti, cercati, immaginati. Di mal d’amore, più che di mal di pietre, ovvero calcoli renali, è affetta la nonna. Ecco perché deve andare alle terme: per curarsi dal male e sperare così di riuscire ad avere dei figli. Manca “la cosa principale”: sposata ad un uomo che non ama e che non la ama. Dopo aver fatto fuggire una serie di presunti pretendenti nella sua giovinezza, a causa di appassionate lettere d’amore che le erano costate l’accusa di “follia amorosa” e la conseguente solitudine forzata, le autolesioni e situazioni ancora più estreme, si ritrova ora, a causa di un debito da saldare, a dormire al fianco di uno sconosciuto. E pur di non sfiorarlo, è sempre ben attenta ad occupare la propria sponda del letto, col rischio di cadere. Poi invece la decisione: assecondare ogni fantasia erotica del marito, e così per lui sarà geisha, serva, cagna e diventerà così brava che lui non avrà più bisogno di andare nelle Case Chiuse. L’amore invece, quello vero, forse, che le dà la forza di cominciare a vivere, e la pace e la salute, li trova grazie al Reduce, alle terme. Grazie a lui soltanto. Con lui, così misterioso e distinto, pianista, di gran cultura e dolcissimo, nonna stringe un legame così intenso, di segreti, confidenze, passeggiate (e…), tanto da volergli donare il proprio quadernetto dei segreti come regalo d'addio. Ma “Il Reduce fu un attimo e la vita di nonna tante altre cose”: ancora moglie fedele ma mai felice; finalmente madre, di un figlio solo; lavoratrice, di nascosto, per comprare un pianoforte al figlio (che diventerà pianista di fama internazionale); sarà suocera-mamma; nonna presente e sempre bellissima. È proprio fino al presente della nipote che ci conduce la Agus, non prima di aver attraversato un pezzo d’Italia: Milano “grandissima, altissima, coi palazzi massicci, decorati in modo sontuoso, bellissima, grigia, nebbiosa, tanto traffico, il cielo a pezzetti fra i rami spogli degli alberi… la gente fitta con le facce nei baveri dei cappotti, dentro un’aria di pioggia”; una breve sosta a Genova, nella casa del Reduce che “aveva un giardino con tanti alberi di fichi, ortensie, violette, un pollaio… e nelle notti d’estate c’erano tante lucciole che lui sua madre se la ricordava così”, per poi tornare in patria: siamo a Gavoi, “un paese bellissimo, in montagna… Da certi punti del paese vedi il lago di Gusana, che cambia colore tante volte al giorno passando dal rosa al celeste cenere, al rosso, al viola”. S’impone la dimensione spaziale, che sembra delineare una cartografia dell’anima. I posti geografici, si affiancano, a tratti, ai luoghi della nostalgia (che è semplicemente “una cosa triste , ma anche un po’ felice”), a quelli della fantasia, a quelli della pazzia, forse, così delicati cummenti su nènniri. E i confini si confondono: come il mare col cielo all’orizzonte. I contorni non sono mai ben delineati: come cose e persone in una fotografia fissata nella mente.
Altri libri di Milena Agus: Mentre dorme il pescecane, Ali di babbo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao, ho letto le prime righe che hai scritto e horivissuto le stesse sensazioni che descrivi tu. Sono sarda anche io, ma vivo a Roma da tanti anni dove mi sono sposata e non sono mai tornata in Sardegna(non sono di Cagliari ma di un paesino in provincia di Oristano). Sento spesso anche io nostalgia della mia terra e i libri di Milena agus mi hanno riportato indietro nel tempo.
Ciao Rosalba - roma

Anonimo ha detto...

Brava. Mi hai commosso.
Analisi arguta, intrigante ed elegantemente vivace.
sorrita