lunedì 19 maggio 2008

Giovani e stupefacenti

Su la Repubblica.it del 19/05, leggiamo che il vicedirettore del Messaggero Alessandro Barbano ha pubblicato un saggio sulla diffusione degli stupefacenti fra i giovani. La sua tesi sicuramente farà discutere. Le droghe leggere come la marijuana sono un passaggio obbligato verso quelle pesanti. Dal libro "Degenerazioni" (Rubettino editore) ecco il capitolo sulla diffusione della marijuana nella scuola.
"Professore-m'hanno chiesto-oggi in palestra proiettiamo un documentario di chimica insieme con la prof. Ti spiace se utilizziamo la prima delle tue ore? Se vuoi, puoi assistere. Lì per lì non ho intuito. E li ho seguiti. La palestra del Liceo classico di Francavilla a mare era gremita. Dalle prime alle quinte sembravano tutti lì. Ho pensato: che cosa mai proietteranno di così trasversale da toccare l'interesse di ragazzi di età tanto diverse? Le prime immagini del filmato hanno esaudito la mia curiosità. Lasciandomi di stucco. Era un documentario sugli effetti benefici della cannabis nella terapia del dolore. Presentata come fosse la scoperta del Dna e proposta a ragazzi di quattordici anni come una sostanza da cui sarebbe derivato il benessere delle generazioni future. Tutto ciò a scuola, durante le ore di lezione. Non volevo crederci. Ma il peggio doveva ancora venire. Poiché, dopo la proiezione, la mia giovane collega di chimica è salita in cattedra a rincarare la dose. E dietro il paravento di un'informazione scientifica, ammiccava a quello che era il reale movente dell'iniziativa. Promuovere la cultura dello spinello, legittimarlo di fronte a degli adolescenti".
Mentre racconta la sua inattesa avventura, Andrea ha ancora lo stupore di quel giorno. Non riesce a farsi una ragione di ciò che è accaduto. "Anch'io sono giovane - dice -, ma non mi sognerei di proporre ai ragazzi di quindici anni un tema su droga e letteratura negli ultimi due secoli, da Boudelaire a Kerouac. E se pure parlassi con loro degli scrittori dalle vite perdute, certamente eviterei di cadere nella apologia. Invece quei ragazzi hanno assistito a scene in cui si illustravano le tecniche di rullaggio delle canne. L'ho trovata un'azione di cattivo gusto e assolutamente gratuita. Uno studente mi ha detto: Professo', adesso so come si fa una canna. Prima non ne sapevo nulla!. Complimenti alla scuola. E complimenti alla collega. A cui al termine del pistolotto, in separata sede, ho detto:
"Ma ti rendi conto di quello che dici? Il messaggio che dai ai ragazzi deve essere soltanto uno: la droga fa male. Punto". "Tu non conosci le virtù terapeutiche della cannabis", mi ha risposto. "No. Ma se anche ce ne fossero, non vedo la necessità di parlarne a ragazzi di 14 anni in assenza di un esperto". Ero disgustato. E ho pensato allora di rivolgermi alla preside. Ma ho fatto un buco nell'acqua. Mi ha confessato di non conoscere neanche l'argomento del film. Ma come: lei consente di proiettare qualunque cosa le venga a proporre il rappresentante d'istituto, un diciottenne? E sulla collega ha aggiunto: "E' uno spirito un po' ribelle, bisogna lasciarla fare". Chiedendomi poi di non alimentare la polemica in classe e di fare silenzio con gli altri docenti. Le ho obbedito solo in parte. Ho intrattenuto i miei studenti su droga e dintorni. Ho spiegato loro che il messaggio permissivista è capzioso. Che l'assunzione di droga è un'anomalia, non la normalità. Gli ho parlato di me, gli ho detto: "Vedete ragazzi, non bevo alcol, non fumo e non mi drogo. Non perché sia salutista, ma semplicemente perché non mi piace e non mi interessa. E nonostante queste mie evidenti lacune, qualche risultato nella vita sono riuscito ad ottenerlo. Il che significa che assumere sostanze stupefacenti non è necessario per rendere a scuola, per stare bene con gli altri, per stringere relazioni." Mi pare che abbiano recepito il messaggio. Almeno lo spero per loro." Il racconto di Andrea non deve stupire. Sono migliaia nella scuola italiana i docenti consumatori di cannabis. Tentati dall'idea che la loro consuetudine con lo sballo, che li accompagna dalla giovinezza, possa legittimarsi nel consenso diffuso attorno a una pratica che essi continuano a ritenere innocua. O, addirittura, benefica. Con tanto di certificazione scientifica. Per cui lo spinello è piacevole, è trendy, e politicamente corretto e, da ultimo, fa bene alla salute...

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