lunedì 31 marzo 2008

Un patto per la scuola

La scuola è sempre stato teatro di scontro ideologico e le numerose riforme che si sono succedute in questi anni, ben lungi dall’avere come obiettivo principale un’effettiva ristrutturazione dell’intero impianto scolastico, ne sono la prova. Ecco perché, diventa necessario “che le decisioni sul sistema educativo di istruzione e formazione debbano essere escluse, esplicitamente e in modo condiviso, dalla logica dello scontro politico che ha segnato questo decennio, con interventi di natura legislativa continui e contrapposti: prima di tutto, perché la formazione è un bene comune da salvaguardare e sviluppare; in secondo luogo, perché l’esperienza ha mostrato che gli effetti delle riforme sono visibili solo ben oltre l’arco di una legislatura. Per questi motivi occorre individuare punti di intesa sugli snodi fondamentali, e impegnarsi a raggiungere e mantenere l’accordo fino a che gli obiettivi siano stati raggiunti”. La scuola non è di destra o di sinistra, la scuola è del Paese. I tentativi finora fatti, rivelatisi fallimentari, “suggeriscono di adottare una logica di promozione delle innovazioni, con una cornice normativa organica ma flessibile, che fissi i punti essenziali e preveda la possibilità di modifiche successive”.
A questo scopo, diventa necessario che tutte le forze politiche si impegnino a ”trovare un’intesa sulle priorità, superando la logica del muro contro muro, a sviluppare l’intesa anche a livello regionale, in un quadro di collaborazione con gli enti locali e a mantenerla fino al raggiungimento degli obiettivi concordati, indipendentemente dalle variazioni del quadro politico”. I punti di questo “patto per la scuola”, riportati di seguito, rappresentano delle linee guida che prendono in considerazione diversi aspetti del pianeta scuola e, sebbene non esaustivi della complessa realtà scolastica, ne disegnano un quadro articolato e ricco.
I punti essenziali
1. Dare significato alla formazione. La premessa ad ogni decisione operativa è l’accordo sul fatto che la scuola è un luogo dotato di significato, e in grado di dare significato all’apprendimento, attraverso una collaborazione e una valorizzazione delle diverse agenzie educative presenti a vario titolo nella società, dalla famiglia alla Rete, alla comunità anche per contribuire a contrastare, con uno sforzo comune, il disagio giovanile.
2. Più formazione, in più luoghi, per tutta la vita. Ai giovani di oggi, adulti di domani, sarà chiesto di avere una formazione più elevata e più diversificata nei contenuti e nei livelli. E’ ormai un fatto irreversibile il passaggio dalla sola formazione iniziale a una formazione nel corso della vita, che riconosce e valorizza i saperi non accademici, e moltiplica le occasioni di accesso al sistema formativo in tempi e luoghi diversi, anche non formali. La formazione nel corso della vita, per tutti e in tutte le sue accezioni, è la scommessa da vincere.
3. Più autonomia, più responsabilità. E’ necessario realizzare e incentivare la piena autonomia delle istituzioni scolastiche, attribuendo alle scuole poteri reali in materia di organizzazione del curricolo e utilizzo delle risorse umane e finanziarie: il Ministero per parte sua conserverà e potenzierà i propri compiti fondamentali di indirizzo, controllo e ricerca garantendo i livelli essenziali delle prestazioni. Le scuole dovranno rendere conto del proprio operato ad un forte sistema di valutazione che opererà come agenzia indipendente.
4. Per un sistema educativo nazionale più articolato. Passo essenziale per una valorizzazione reale delle diverse proposte formative è la piena attuazione della parità scolastica, che realizza le condizioni per il diritto di scelta delle famiglie. In questo modo si contribuirà fra l’altro all’innalzamento della qualità dell’offerta formativa di tutto il sistema scolastico nazionale, composto da scuole pubbliche statali e paritarie. Altrettanto importante, nel quadro delle innovazioni costituzionali e tenendo conto della pluralità della domanda formativa, è assicurare le intese necessarie ad una migliore integrazione tra istruzione, formazione e lavoro, e le condizioni per assicurare equivalenza tra il sistema di istruzione e il sistema di istruzione e formazione professionale delle Regioni.
5. Più competenze, meno dispersione. E’ necessario puntare su di un miglioramento delle competenze fondamentali, attraverso una formazione di base più qualificata e più vicina ai diversi bisogni degli utenti, ma soprattutto attenta allo sviluppo integrale della persona: deve esserci una maggiore integrazione fra indirizzi e livelli, e fra scuola e formazione; è necessario un potenziamento della cultura tecnica e scientifica, con maggiori connessioni con il mondo del lavoro. L’utilizzo sistematico delle nuove tecnologie non può essere solo strumentale, ma segna una diversa concezione dell’apprendimento. La scuola dovrà essere più equa e meno egualitaristica.
6. Una didattica nuova. Il miglioramento passa da una nuova organizzazione didattica, con indirizzi e standard fissati centralmente, e la possibilità per le scuole di raggiungere con modalità diverse gli obiettivi stabiliti. L’intero sistema di orientamento va ripensato, per consentire alla scuola di rispondere alla domanda delle persone e del mercato del lavoro. Deve essere chiaro che l’innalzamento della qualità media e l’eccellenza non sono obiettivi contrapposti.
7. Più risorse, meno sprechi. L’innovazione ha un costo, che va stimato e previsto. L’edilizia scolastica, che in alcuni luoghi è inadeguata e obsoleta, richiede un organico piano di interventi, così come le attrezzature informatiche e i laboratori. Dal punto di vista delle risorse umane, gli insegnanti, veri protagonisti del cambiamento, devono operare in condizioni di lavoro più vicine a quelle europee, per cui va ripensato tutto il processo di qualificazione, reclutamento e carriera, in una logica per cui a maggiori responsabilità corrispondono maggiori incentivi. Va fatta al più presto una stima seria del numero di docenti necessario, in base ai parametri medi europei e alle caratteristiche del territorio, ed è necessario programmare gli accessi sul medio periodo.

Il patto é stato promosso da: Vittorio Campione, Fiorella Farinelli, Paolo Ferratini, Claudio Gentili, Franco Nembrini, Luisa Ribolzi, Silvano Tagliagambe, Stefano Versari.
Aderiscono: Giuliano Amato, Dario Antiseri, Livia Barberio Corsetti, Franco Bassanini, Luciano Benadusi, Giuseppe Bertagna, Piero Bianucci, Edoardo Boncinelli, Francesco Botturi, Mario Brozzi, Carlo Callieri, Lorenzo Caselli, Vincenzo Cesareo, Giorgio Chiosso, Piero Cipollone, Massimo Coda, Michele Colasanto, Maria Grazia Colombo, Antonio De Lillo, Alberto De Toni, Pierpaolo Donati, Gian Arturo Ferrari, Fabrizio Foschi, Claudio Gagliardi, Andrea Gavosto, Onorato Grassi, Gregorio Iannaccone, Giancarlo Lombardi, Francesco Macrì, Claudia Mancina, Bruno Manghi, Roberto Maragliano, Daniele Marini, Lanfranco Massari, Enzo Meloni, Renato Mion, Dario Nicoli, Attilio Oliva, Andrea Olivero, Luigi Pedrazzi, Roberto Pellegatta, Andrea Peruzy, Annamaria Poggi, Gianni Principe, Giorgio Rembado, Gianfelice Rocca, Giovanna Rossi, Silvio Scanagatta, Fulvio Scaparro, Lanfranco Senn, Vincenzo Silvano, Alberto Stancanelli, Paolo Trivellato, Elena Ugolini, Stefano Zamagni.

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