venerdì 14 marzo 2008

Se premiamo chi non suda sui libri!

Sulla Stampa del 13/03/2008, Gian Luigi Beccaria, linguista e storico della lingua italiana, professore ordinario di Storia della lingua italiana all'Università di Torino e membro dell'Accademia della Crusca, commenta i dati emersi dall'indagine OCSE, resi pubblici il 4 dicembre 2007, sul livello di preparazione degli studenti italiani.
Purtroppo anche in questa tornata di indagini l’Italia non si è piazzata molto bene: trentaseiesimo posto su un totale di 56 Nazioni! Il Programme for International Student Assesment (PISA) è un'indagine internazionale promossa dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati nelle aree della lettura, della matematica e delle scienze.
Il prof. Beccaria attribuisce una buona parte della responsabilità di ciò che i nostri studenti sanno, della scarsa propensione verso lo studio, agli adulti ed ai messaggi che trasmettiamo loro. Le lauree honoris causa, date con una certa "leggerezza" a personaggi come Valentino Rossi, noto alle cronache anche per meriti "non sportivi" o ad altri, in virtù del loro successo mediatico e di immagine, fanno passare il messaggio che sia possibile ottenere una laurea senza il necessario impegno dato da uno studio sistematico e metodico, da uno sforzo in termini di tempo e di energie.


Concordo con quanto scrive, devo però dire che è forse ingeneroso attribuire a tutte le coalizioni politiche ed ai loro programmi, un totale disinteresse per la Scuola. Senza soffermarmi su questo, non perchè voglia eludere la riflessione, ma solo perchè questo post ha un altro oggetto, vorrei dire che uno dei 12 punti del programma del PD di Veltroni, il n. 7, presenta delle novità e una certa attenzione nei confronti della Scuola ( http://www.partitodemocratico.it/allegatidef/Programma%20PD45315.pdf)


Ma ecco l'articolo del prof. Beccaria:

Siamo in testa in Europa per asinità scolastica. Lo apprendiamo dal giornale di martedì. Colpa dei ragazzi? Direi di no, direi che siamo noi adulti i colpevoli. Siamo noi che spingiamo il corso delle cose in direzioni disastrose. Quali sono, di fatto, i messaggi forti che oggi mandiamo, ed ai quali in particolare i più giovani sono sensibili: che non conta tanto applicarsi a studiare seriamente, ma che a contare davvero è in primis il successo, e l’immagine. Or non è molto che la Iulm ha laureato Vasco Rossi, e Urbino ha conferito una laurea honoris causa a Valentino Rossi, simpatico ragazzo di certo, grande vivace ricco furbo (anche nelle evasioni?) coraggioso motociclista... ma non vedo come i suddetti abbiano sudato sui libri, di che tempra di studiosi siano fatti.Non credo che debba essere questa la strada da imboccare per un futuro sopportabile, anche per la scuola. Se convinco le nuove generazioni che il nostro futuro non dovrà poggiare più su valori fondanti e su una cultura decentemente profonda, sul libro, sullo studio, sull’applicazione seria, allora teniamoci i nostri asini. Tra l’altro, aggiungo, una delle idee vincenti è al momento quella che la società va concepita, amministrata e guidata come si guida un’azienda, e che quel che conta sono i risultati pratici, oggettivi. La nostra è l’azienda Italia, che «marcia», va cioè nel verso giusto, quando aumenta il numero di telefonini (siamo come blateratori via etere i primi in Europa), quando sempre più gente fa vacanze alle Maldive, quanto più si costruiscono ponti autostrade e cavalcavia. Più consumiamo, più facciamo, e più «siamo», «saremo». Basti vedere i programmi presentati dalle varie coalizioni per le elezioni di aprile: la scuola, l’Università, non vi compaiono.Chi fa il mio mestiere, che ha a che fare con l’insegnamento, misura con disappunto che nella scuola e per la scuola è calato l’entusiasmo, da parte dei discenti e dei docenti. Per carità, esistono luminose e incoraggianti eccezioni, insegnanti straordinari, e bravissimi studenti, e i bravi sono certamente più bravi di noi quando avevamo la loro età. Ma la maggioranza! Guardo agli adolescenti, alle torme che percorrono i grandi territori urbani come aree destinate piuttosto al vagabondare che al vivere. Orde di illetterati, scriveva Daniel Pennac in Come un romanzo, sostano ignare ai piedi di grandi biblioteche pubbliche, e tristemente tra loro non comunicano se non smanettando coi telefonini, ascoltando nelle cuffiette i loro cantanti. Colpa loro o colpa nostra?


Ecco anche un altro parere, tratto da La Stampa del 12/03/2008 di Andrea Bajani dal titolo "Asini a scuola (e a casa)".


La scuola italiana è rimasta schiacciata sotto le macerie del discredito di istituzioni e famiglia. Gli studenti italiani, riportano le pagelle vergate alla fine del quadrimestre, sono per la maggior parte somari, con debiti formativi trascinati come palle al piede, lacune che sembrano mari, e un generale disinteresse nei confronti di chi sta dietro la cattedra.Le cronache, le indagini degli psicologi, le tabelle, e i grafici a torta dipingono una gioventù patologica allo sbando, picchiatori voyeuristi nei gabinetti scolastici, compulsivi smanettatori persi nei meandri di Internet o nell’isteria da pollice opponibile della messaggistica cellulare. E appunto somari a scuola, voti bassi e facce da chissenefrega. E la scuola va giù, si grida al palazzo che crolla, il fumo che viene su quando l’edificio si schianta al suolo, e intorno è tutto un unanime urlare allo scandalo. Come fosse per caso che è saltato in aria, o come fossero gli stessi ragazzi, o soltanto loro, ad avere innescato l’ordigno, ad averlo messo a ticchettare sotto la scuola. Che è un modo tutto sommato rassicurante per assistere al crollo, e magari farci anche qualche foto ricordo, un buon modo per dire: «Ai nostri tempi era diverso».E invece la scuola è venuta giù erosa giorno per giorno da un’idea di istruzione messa all’asta del migliore offerente, percepita come un servizio da negoziare nel rapporto con studenti che da studenti son diventati clienti. Perché la scuola italiana è franata con i presidi che imbavagliano gli insegnanti nell’esercitare il loro rigore per paura che i clienti se ne vadano alla concorrenza, magari parlando con i giornali, gettando una cattiva luce sull’istituto. La scuola italiana è franata sotto le pressioni dei genitori che arrivano a scuola contestando in cagnesco i voti troppo bassi dei figli, il carico eccessivo di compiti a casa, persino le correzioni delle versioni latine. La scuola italiana è franata con gli sms e le telefonate delle mamme e dei padri italiani in orario scolastico per raccomandare ai figli di andare a mangiare dalla nonna, piuttosto che di comprare il pane prima di tornare a casa. Mi chiedo, senza che questo deresponsabilizzi in alcun modo i ragazzi, come è possibile che gli studenti riconoscano un qualche ruolo a un’istituzione che da tutti è vissuta quale un qualsiasi servizio superfluo, alla stregua di una compagnia telefonica, una catena di negozi di abbigliamento, una discoteca, o un cinema multisala? Perché la scuola italiana è rimasta schiacciata sotto le macerie di chi ha smesso di crederci, prendendo a picconate sistematiche, con la logica finanziaria dei debiti e dei crediti, delle transazioni formative, delle negoziazioni pedagogiche, la crescita culturale di un Paese che rischia di rimanere bloccato. Perché a vedere quelle pagelle, quel disinteresse, quel disincanto, non si riesce a pensare all’Italia futura, di cui ci si riempie la bocca quando si parla dei giovani. In quelle insufficienze, e in quelle facce si vede tutto il disincanto e il menefreghismo degli adulti.

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