Riporto un articolo del "Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità"
La bocciatura può essere un'occasione, il vero scandalo è il buonismo
Finalmente, viene da dire, il re è nudo, perché dietro all’aumento delle bocciature si può intravedere una scuola nuova che inizia finalmente a dare segni di vita, a fare fino in fondo il proprio dovere, cominciando a trovare il coraggio di prendersi responsabilità che da anni, in generale, non era in grado di prendersi.
Questi dati confermano, anziché il fallimento della scuola, come molti pensano e dichiarano, il vero scandalo durato fin troppo a lungo: quello di aver promosso generazioni di studenti in nome del buonismo o del quieto vivere o per i più svariati timori, non ultimo quello dei ricorsi. Insomma, contrariamente ai molti allarmismi che imperversano un po’ da tutte le parti per i risultati di quest’anno scolastico, mi provo ad andare controcorrente e giudico di buon auspicio quanto è avvenuto. Penso, insomma, che dovremmo rassicurare le famiglie, anche dei bocciati, facendo loro capire che stanno inequivocabilmente per finire i tempi squallidi del diploma “pezzo di carta” da spendere grazie alle raccomandazioni di varia natura, non ultime quelle di stampo clientelare e politico. Non mi dilungo sulle dinamiche economico-sociali che cancelleranno certo costume tipico più di un paese da operetta che non di una nazione che dovrà, oggi più che mai, misurarsi sul piano della competitività e di un’economia sempre più legata alla conoscenza. Mi preme, invece, ricordare e ripetere che solo una scuola in grado di valorizzare il merito può rappresentare un vero ascensore sociale per chi non può contare su clientele o radici familiari fin troppo ramificate nel mondo dei privilegi. Per troppo tempo si è identificato il successo scolastico come patrimonio da distribuire equamente a tutti, impedendo così che si diffondesse, soprattutto tra le famiglie più svantaggiate e povere, la consapevolezza di quanto, invece, proprio la scuola sia importante per ribaltare la loro condizione, spesso storicamente consolidata grazie a chi dalla scuola aveva e continuava ad avere i mezzi e gli strumenti per diventare classe dirigente. Solitamente per molti gruppi politici e per molte delle sigle del sindacato scolastico, la qualità della scuola la si è voluta vedere piuttosto sulla quantità (numero esoso delle materie con corrispondente elevatissimo numero dei docenti, orari scolastici lunghi e tempi della didattica ancora organizzati secondo modelli, non è un’esagerazione, seicenteschi) che non sulla sua qualità: guai a parlare di verifica dei risultati, di valutazione dei docenti e dei dirigenti e via di seguito. Ogni minimo accenno ai principi del pragmatismo da applicare anche al sistema scolastico era ed è ancora oggi esecrato più di quanto don Milani esecrasse i giovani operai del Mugello che alla domenica si mettevano la cravatta. L’irrisione nei confronti delle tre “i” ha contribuito a tener fuori dalla modernità chissà quanti figli di chi con il computer, l’inglese e tanto più con l’impresa, non aveva e non ha niente da spartire. Eppure sono molti i politici e i sindacalisti contrari alle tre “i” che hanno accortamente fatto studiare i loro figli negli Stati Uniti o nelle migliori università italiane ed europee.
Ma torniamo alla bocciatura. Ovvio che non sia una bella cosa ed altrettanto ovvio che si debba fare di tutto per rimuovere qualsiasi ostacolo che impedisce ai più svantaggiati di godere dei frutti straordinari che una buona scuola può dare. Ma se non bocciare rappresentava, come per certi insegnanti ancora rappresenta, una lotta contro le ingiustizie “di classe” o più banalmente ignavia o superficiale senso di bontà o ancora paura di affrontare le reazioni dei genitori, ben venga questo aumento di bocciature. Può rappresentare finalmente una svolta, un salutare scossone per chi alla scuola ha finito con l’assuefarsi senza dare o attendersi nulla, siano essi docenti, famiglie o studenti.
Do per scontato che la scuola debba formare, prima ancora della classe dirigente, dei buoni cittadini, liberi e appagati innanzitutto dalla loro cultura e dal loro senso critico. Anche per questo trovo che sia esecrabile vedere nella bocciatura solo un’esclusione, una sconfitta per la scuola e non un’occasione per aiutare il maggior numero possibile di giovani a diventare, a tutti gli effetti, dei cittadini degni di questo nome.
di Valerio Vignoli
4 commenti:
sono pienamente daccordo.Mio figlio quest'anno è bocciato frequenta il secondo anno di itis non ha mai studiato....abbiamo fatto di tutto io e il babbo ma lui niente quindi giustamente è stato bocciato e se non l'avessero fatto mi sarei piazzata davanti all'istituto con un cartello di protesta in mano,anche per rispetto della gemella che fa la stessa scuola e ha studiato tutto l'anno.
Io come insegnante, ritengo che una bocciatura sia anche una mia sconfitta, perchè non sono riuscita a rendere la scuola qualcosa in cui credere, non sono riuscita a far nascere il desiderio di impegnarsi, non sono riuscita a insegnare che non si studia per far piacere ai genitori o ai professori ma si studia per diventare persone responsabili, consapevoli, cittadini a pieno titolo e non sono riuscita a far amare la cultura, a far capire quanto è importante la conoscenza per vivere in modo migliore, per far nascere ed esercitare il senso critico che ci preserva dall'accettare passivamente tutto ciò che ci viene propinato dai mass media e dalla "incultura" dominante.
Ebbene, nonostante tutto questo, la bocciatura può davvero rappresentare una salutare "scossa" per riflettere e per aiutare i nostri giovani a rivedere il loro modo di stare a scuola. Non si ottiene niente senza impegno e senza sacrificio e questo messaggio non sempre è recepito dai ragazzi. Lo studio richiede impegno, tempo, concentrazione, sacrificio e rigore: tutte cose poco note oggi. Con questo non voglio dire che non deve esserci spazio per altro, ci mancherebbe! Ma studiare non può essere considerato alla stregua di un passatempo, ma un impegno per ognuno di noi.
Tuo figlio speriamo che capisca.
Ciao
sì, sì sono d'accordo con lei prof
Io sono stata bocciata l'anno scorso e quest'anno ho studiato un sacco e sono stata promossa con il 7. Mi è servito che lo abbiano fatto perchè ho imparato! elisa
Cara Antonella,
ho postato un commento ma non è stato pubblicato (?)
Ci riprovo!
Credo che di fronte ad una bocciatura il vero problema sia la deresponsabilizzazione: l'alunno accusa l'insegnante, l'insegnante l'alunno, i genitori l'insegnante, ecc.
Ognuno di noi - e parlo in prima persona, visto che sono un'insegnante - dovrebbe mettersi in gioco e ricercare la propria parte di responsabilità.
Anche l'alunno andrebbe aiutato in questo (e qui, provocatoriamente, mi rivolgo soprattutto a quei genitori che senza pensarci due volte intentano un ricorso contro la scuola).
Non assumersi le proprie responsabilità è pericoloso.
Per l'alunno significa credere di poter passare un esame "per fortuna" e non perchè ci si è impegnati. Significa pensare che la propria sorte sia semplicemente causuale e non la conseguenza delle proprie azioni. Significa frenare la propria crescita e la propria maturazione.
Per l'insegnante significa non mettersi mai in gioco, non credere di poter migliorare il proprio lavoro, non pensare talvolta di aver sbagliato in qualcosa.
Infine, per il genitore significa delegare completamente alla scuola il fattore educazione, abdicando al proprio ruolo di istruttore.
"Non siamo nati imparati".
Se una bocciatura serve a farci riflettere su queste cose, forse diventerà un'occasione per crescere... non semplicemente un'occasione persa.
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