lunedì 27 luglio 2009

Vicenza: presidi e merito


La mozione pressoché unanime del Consiglio Provinciale di Vicenza, che invita ad escludere i presidi di altre regioni (ma in realtà, e capiremo perché, solo quelli meridionali) dai posti di dirigente vacanti in quella provincia, è pienamente condivisibile; e non si tratta, analizzati i fatti, di uno scandaloso comportamento razzista. Lo scandalo c’è, eccome, ed è di una sconcertante gravità; ma a darlo sono stati ben altri soggetti che non i consiglieri vicentini, che evidentemente non si arrendono al travolgimento della legge che perdura senza rispetto in questo Paese.Alla base della loro decisione, come ha spiegato con molta chiarezza su vari organi d’informazione l’assessore alla Pubblica Istruzione di quella provincia, vi è lo sdegno per come si sono comportate diverse commissioni d’esame in occasione dell’ultimo concorso per dirigenti scolastici (indetto nel 2004 e completato esattamente due anni fa) e per come sono andate successivamente le cose. Oltre ad essere a carattere regionale, il bando prevedeva in modo preciso e prescrittivo che in ogni regione si rendesse idoneo un numero di concorrenti pari al numero dei posti a disposizione più una riserva del dieci per cento, in modo da poter coprire eventuali nuove sedi resesi libere, sempre a livello regionale, nei due anni successivi. Se in molte regioni italiane le Commissioni d’esame hanno rispettato la legge, procedendo tra l’altro ad una selezione senza precedenti, in altre regioni (spiace dirlo, ma esclusivamente del Sud), le commissioni hanno fatto superare l’esame, oltre al numero previsto per legge, anche ad altre centinaia e centinaia di concorrenti, dichiarati idonei, ma con poche speranze d’essere nominati nei due anni successivi al concorso. Niente paura, però; grazie anche alla sponsorizzazione dei sindacati, in testa l’Associazione Nazionale Presidi, si è trovato il modo di far approvare dal governo Prodi una leggina che permette ora a queste centinaia di persone di poter essere nominate sull’intero territorio nazionale, quando nelle regioni in cui la legge è stata rispettata si siano esaurite le graduatorie. L’ingiustizia è evidente e quindi la protesta pienamente fondata: non c’entra nulla l’essere meridionali, c’entra l’essere stati indebitamente favoriti. Una deroga al numero di idonei previsto dal bando di concorso avrebbe dovuto essere eventualmente autorizzata in ugual misura in tutte le regioni, in modo da non creare una così grave discriminazione. Non per nulla molto probabilmente in Sicilia il concorso venga annullato per le gravissime e palesi irregolarità.
Che i sindacati si siano dati tanto da fare per sponsorizzare tanta nefandezza è, dal loro punto di vista, più che spiegabile: centinaia di nuove tessere sindacali hanno un valore enorme, perché possono essere determinanti, per esempio, nella contrattazione nazionale relativa ai contratti dei presidi e di quant’altro che li riguardi. Altro che il merito!
Meno comprensibile, invece, che politici e commentatori anche autorevoli, come ad esempio Miriam Mafai, parlino, a proposito della posizione presa dalla provincia di Vicenza, di razzismo e apartheid nella scuola. Evidentemente non si sono informati in proposito. Certo, un titolo come Scuola, in Veneto presidi della nostra terra, lanciato in prima pagina dalla “Padania”, cavalca strumentalmente la faccenda in chiave etnica. Ma qui si tratta di stato di diritto, non di etnia e tanto meno di apartheid. E sarà bene che il governo e il parlamento ristabiliscano in questa vicenda un minimo di equità, se non si vuole fomentare proprio quell’intolleranza che tanto si stigmatizza a parole.
[La notizia dell'ordine del giorno della provincia di Vicenza è stata data da
"Repubblica" giovedì 23 luglio ed è poi stata ampiamente ripresa e commentata nei giorni seguenti su altri quotidiani]



di Valerio Vagnoli, dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, 26.7.2009.

domenica 26 luglio 2009

Merito e voto di consiglio


E’ in corso un utile dibattito, innescato dall’aumento (non ancora confermato) del numero dei bocciati, sul ritorno (o meno) del merito, del rigore e di un’inversione di tendenza verso una scuola migliore o meno peggio dell’attuale.
Su questi temi mi sono già espresso in modo critico. La scuola non sta affatto migliorando, anzi forse continua a peggiorare. I bocciati sono rimasti gli stessi , o lievemente aumentati, ma dovrebbero essere molti di più (almeno il doppio) se si volesse e potesse adottare la terapia del rigore sbandierata, auspicata, rimpianta, invocata da coloro che da se stessi si dichiarano “rigoristi”. Io non credo in questa terapia, tanto meno nella sua applicabilità in dosi massicce ed efficaci. A mio giudizio, il pedale delle bocciature è già da tempo “a tavoletta”, non va più giù. Anzi l’alta percentuale di bocciati, arrivata l’anno scorso al 16,2%, andrebbe studiata e “curata” in relazione ai suoi elevati costi (economici e umani) riguardo alle ripetenze e alla dispersione causate.
Vorrei esaminare uno snodo, temporale e decisionale, di importanza fondamentale nella vita della scuola: gli scrutini finali di giugno. Vedere come essi vengono preparati, gestiti, quali sono gli attori, le parti che recitano sulla scena e dietro le quinte. Ovviamente mi riferisco alla mia esperienza nella scuola superiore. Non ho intenzione di negare situazioni ed esperienze diverse.
Gli scrutini costituiscono una ricorrenza ciclica annuale, in gran parte molto simile all’anno precedente ma pur sempre con qualche novità introdotta o dalla scuola in base all’esperienza oppure decisa dal Miur. Dall’esito degli scrutini dipende la consistenza e il numero delle classi nell’a.s. successivo e quindi il numero delle cattedre e l’eventuale condizione di soprannumerarietà di qualche docente. Dall’esito degli scrutini può dipendere l’autonomia dell’istituto e il rischio di accorpamento con altra scuola. Da ciò deriva una certa comprensibile resistenza e riluttanza a bocciare oltre un certo limite, una certa percentuale sia da parte dei docenti di ruolo più anziani sia dello stesso preside. Questi due pericoli (riduzioni di classi e rischio di accorpamento) costituiscono un sottofondo, una specie di cornice, una bussola che accompagna discretamente e guida tutte le attività della scuola lungo l’intero a.s. e fino agli scrutini finali. Ciò in particolare nelle scuole che hanno un numero di alunni iscritti appena superiore a quello minimo per rimanere autonome.
I criteri generali di svolgimento degli scrutini vengono decisi in sede di Collegio Docenti. Tipica è l’indicazione di non bocciare e sospendere il giudizio fino a due insufficienze gravi (4) e a una lieve (5), salvo casi particolari e senza inficiare la “sovranità” dei Consigli di Classe. Tutte le materie vengono considerate di pari dignità indipendentemente dal numero di ore settimanali e questa – secondo me - è già una distorsione: ad esempio, Storia con 2 ore vale come Matematica con 5! Il Collegio in genere non dà indicazioni sulle insufficienze gravissime (3 o 2) che pure si presentano per difficoltà o per scelta … “ergonomica” dell’alunno. Si lascia intendere che queste insufficienze gravissime – che diamine! – non esistano o siano dovute all’eccessiva severità (cattiveria) di qualche docente. Decisi questi criteri generali, il Collegio ha fatto la sua parte, ha esaurito il suo compito!
In genere e in quasi tutte le scuole, gli scrutini intermedi, che avvengono a gennaio-febbraio (se sono quadrimestrali), hanno uno svolgimento semplice e tranquillo: ogni docente mette i suoi voti, si discute della classe, dei singoli alunni, dei programmi e di qualche episodio o situazione particolari, si fanno alcuni confronti all’interno della classe e anche complessivi. In qualche scuola – mi è capitato realmente e lo riporto perché sintomatico – gli scrutini hanno un’appendice in una successiva riunione del Collegio convocata appositamente. Sfruttando le possibilità dell’informatica e dei computer, vengono elaborate e proiettate su un grande schermo tabelle riassuntive dei voti relativi a ogni classe e ogni disciplina consentendo il confronto in base alle medie e al numero delle insufficienze. I confronti sono sgradevoli e al limite del mobbing (o meglio bossing, risalendo l’iniziativa al D.S.) in quanto i docenti, pur non comparendo con il nominativo, sono facilmente riconoscibili in base alle loro classi e alle loro sezioni. Ma qual è l’uso o l’utilità di queste tabelle e dei confronti? Implicitamente e indirettamente la materie (cioè i docenti) con le medie più basse sono invitati, quasi costretti ad alzare i loro voti: sono loro che devono recuperare! Esplicitamente poi il D.S. (nello specifico una preside) urla a tutto il Collegio che non è possibile che nessuna materia abbia più del 40% di insufficienze: bisogna perciò venire incontro ai ragazzi, abbassare gli obbiettivi, ridurre i programmi adattandoli al livello degli apprendimenti se non vogliamo che la scuola chiuda! Ovviamente musica per le orecchie dei somarelli o somaroni sfaticati, se solo essi fossero presenti.
Ci sono poi dei colleghi o colleghe che, già all’inizio dell’anno, spontaneamente ti confidano la loro disperazione in relazione ai non-apprendimenti nella loro disciplina. Più o meno: “Non sanno niente, non stanno attenti, non seguono, non fanno i compiti, non portano libri e quaderni, … Ma quest’anno non sarà come l’anno scorso, eh, no! Non mi faccio più fregare, eh, eh, quest’anno boccio, boccio!”. Ciò avviene verso ottobre-novembre, magari in occasione del 1° pagellino. Effettivamente questi colleghi o colleghe arrivano al primo quadrimestre con votacci a chi merita. Poi, già verso marzo-aprile, sfuggono, evitano di parlarti e anche di salutarti e poi – quasi per miracolo - te li ritrovi allo scrutinio finale con quasi tutte le loro insufficienze sanate! Mi è capitato diverse volte e non sono riuscito a capire cosa sia successo.
Poi, ipotizzo, sospetto, ma ho avuto anche alcuni riscontri, l’effettuazione da parte di alcuni presidi di azioni individuali nei confronti di alcuni colleghi volte ad ammorbidire le loro valutazioni e recuperare le insufficienze. Ciò nel corso del secondo quadrimestre. A volte i presidi agiscono con discrezione e tatto, altre volte in modo del tutto scorretto, indebito, brutale.
Ma veniamo agli scrutini finali di giugno che decidono su promozioni, bocciature, sospensioni di giudizio. In quasi tutte le scuole, informatica e computer sono intervenuti ad alleggerire la fastidiosa e laboriosa parte manuale relativa alla compilazione delle pagelle, dei tabelloni, dei giudizi e dei verbali. Generalmente i voti delle singole discipline, o materie, vengono raccolti e trascritti qualche giorno prima in modo che allo scrutinio finale è già disponibile un tabellone riassuntivo con tutti i voti proposti. Questo tabellone viene stampato, fotocopiato e distribuito a ogni docente oppure proiettato su uno schermo più o meno grande.
La prima situazione (tabellone fotocopiato e distribuito a tutti) è quella più efficace: ogni docente ha la sua copia dei voti provvisori, può seguire agevolmente lo scrutinio, consultare il proprio registro e monitorare i voti definitivi man mano che diventano tali.
La seconda situazione (tabellone proiettato) richiede un operatore che si occupa del computer e assiste il Consiglio: proietta tutti i voti insieme o solo il prospetto dello studente via via scrutinato, riporta le modifiche e le decisioni man mano che avvengono. Questa opzione presenta alcuni disagi. Bisogna operare quasi al buio. La proiezione non sempre è ottimale, è collocata troppo in alto, non è agevole controllare i propri registri e insieme il tabellone o il prospetto individuale. In questa situazione si lavora male, si può perdere, o si riduce, la possibilità di confrontarsi fra colleghi. Finisce che ognuno si confronta con il preside o con chi lo sostituisce. Questo l’aspetto logistico-organizzativo.
Più importante e preoccupante invece è l’aspetto operativo-decisionale. A volte il/la preside inizia i lavori esordendo: “nell’altra classe, appena scrutinata, non abbiamo bocciato nessuno!” oppure “solo uno che però non veniva mai, ritirato di fatto”. Chiunque capisce che questo è un robusto … aperitivo del c.d. “buonismo”. Poi lo scrutinio prosegue col definire le situazioni individuali che hanno numerose e gravi insufficienze: oltre sei o sette insufficienze – in genere ma non sempre - non c’è scampo, gli alunni vengono bocciati. Intorno alle cinque o sei insufficienze, indipendentemente dalla loro gravità, si comincia a discutere a confrontarsi. Non si parte dalle indicazioni del Collegio ma dall’opportunità di bocciare l’alunno con riferimento (in genere sotto traccia) alla consistenza numerica della classe. I riferimenti, gli appigli possono essere i più vari: dalle capacità e potenzialità possedute ma non espresse, alla situazione familiare disastrata, all’ipotesi dell’eventuale abbandono della scuola, a minimi miglioramenti di profitto o comportamentali,… insomma non è affatto raro (anzi!) che di sei o cinque insufficienze, due o tre vengano tranquillamente condonate e le altre diventino debito per settembre. Debito formale cioè con esito positivo in genere scontato (al 95%).
Così in una classe, in cui la metà doveva essere sicuramente bocciata, solo due o tre alunni vengono respinti. Di conseguenza, si manda rinforzato un chiarissimo messaggio per l’anno scolastico successivo: non serve studiare! Da decenni, la scuola (alunni, docenti, presidi) e le scuole sono come prigioniere di un “vortice” perverso senza speranza e possibilità di poterne uscire! Ogni anno si raccolgono i frutti indigesti o velenosi dell’anno prima e si seminano quelli per l’anno dopo! Al di fuori delle scuole (cioè USP, USR, Miur ma anche partiti, sindacati, associazioni, media) questa situazione o non è percepita o non interessa (oppure fa comodo?!).
Nello svolgimento degli scrutini, lo strumento che viene usato in modo improprio e perverso, che mantiene e alimenta il “vortice” detto è il voto di Consiglio. Questo – a mio giudizio – trova la sua ragion d’essere o nei confronti di singoli (o rari) alunni con difficoltà vere e per loro insormontabili in qualche disciplina o per rimediare l’eccessiva severità di singoli (o rari) docenti. Invece l’uso del voto di Consiglio è adesso massiccio, eccessivo, generalizzato, è diventato un abuso. Le scuole ne sono diventate dipendenti come se fosse una droga! Anzi spesso il voto di Consiglio non viene nemmeno formalizzato. Per fare prima si chiede, si impone ai docenti di modificare direttamente loro le valutazioni insufficienti inizialmente proposte come se le avessero messe con leggerezza, per capriccio, dispetto, errore. Nulla compare nei verbali! E’ la scuola che mente e inganna se stessa!



Merito, rigore, scrutini finali e voto di consiglio. Quando la scuola mente e inganna se stessa!
di Vincenzo Pascuzzi da
ReteScuole, 25.7.2009